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Generazione X

Sapere aude

Generazione X? Il commento di un padre

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Mi spiace davvero di non appartenere alla GX – quella di mia figlia – per due ragioni: i) sarei meno vecchio, e ii) da lì mi sarebbe invece più facile sparare addosso sulla mia di generazione “che se si guarda intorno, non trova niente, ma proprio niente, che l’abbia accompagnata dalla giovinezza, niente di famigliare, se non i suoi ricordi”1. Spesso leggendo qua e là, noto parole senza senso, né morale, tantomeno scientifico, tipo: i Losers [con la “s”: non sapendo che un barbarismo non va mai declinato al plurale secondo la grammatica d’origine], oppure: i perdenti compiaciuti; i figli di un pensiero minore; e poi giù etichette quali doriangrayismo, Edipo, Narciso e via stonando. Frasi coniate da “intellettuali” che – com’è loro costume tradizionale di chierici serventi o scrittori senza Nobel-meritato – fingono di sapere ciò che ignorano, non interessando loro chi comandi, bensì che comandi. La sacra rappresentazione di individui terrorizzati di poter perdere gli assegni di mantenimento del sistema di produzione: ed allora preferiscono inventarsi la GX con cui avercela.

Prendiamo, al contrario, un manuale Istat, o andiamo sul relativo sito-web: enumeriamo i nati fra il 1961 e l’81 in 5-6 milioni. Bene! Allora gli “intellettuali”-di-cui-sopra, magari dopo l’ennesimo fiasco al concorso letterario di provincia, si sono muniti di bloc notes, registratore, camera digitale, e in pochi giorni si sono incontrati coi predetti 5-6 milioni.

Raggiungendoli nei campi, in fabbrica, negli uffici, nelle loro dimore, fra i cassintegrati (non penso i disoccupati amino definirsi perdenti compiaciuti) mentre fanno la fila alla Caritas per un piatto di pasta, o intervistandoli anche negli scranni del potere. Un Loser (loro direbbero: «1 Losers») recentemente è diventato Presidente del Consiglio. E come non ricordare il Vicepresidente, e il reale Capo del maggiore partito “di sinistra”: astutissimi fèlidi della savana liberale italiana dotati non di pensiero minore bensì di istinti maggiori, e quindi posti quale ridotta dell’apparato difensivo della gerontocrazia al potere, reggente la vecchia nomenclatura clientelare. E i giovani di Confindustria nati dal 1973 al 1981 anche loro sono dei falliti?
I sopraddetti “intellettuali” pontificano da riviste a 77 pagine di pubblicità, 21 a tutte foto e 2 solo testo, e trasformano le proprie “biografie”, conoscenze occasionali a bar, aperitivi in salotto, supermercato e feste assortite, in verità depositate dall’alto – producendo ceti, classi e generazioni, completamente inesistenti se non nelle loro menti cariche di frustrazione, sociologia a buon mercato e psicanalisi bignamica da consultorio rionale. Forse un giorno – sperano – Floris, Santoro e Vespa li scoveranno per allietare il pubblico sotto la direzione di un umorista ben pagato.

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Essi sostengono pure che la GX sia “ossessionata” dall’idea di invecchiare. Nulla di più falso e menzognero! Quelli lì sono i precedenti alla fantomatica GX. Le mamme di 30enni o meno (se hanno sgravato in più tarda età) che specie nei periodi d’estate – colpite da giovanilismo patologico – fanno a gara con le nipoti di 15-18 per essere più belle e fresche, e cercano di sedurre 18-20enni e passa. Lo sono “ossessionati” uomini allo stadio avanzato-terminale di para-pensionati anni 1941-60: si atteggiano a ragazzi (eh! Pennacchi, quanto sei nel giusto!) conducendo auto impossibili, seguendo corsi teatrali, facendo il filo alle adolescenti, inforcando moto custom, e vestendosi di un carnevale che non precede la primavera, ma annuncia gli ultimi inverni.

La GX è quella che ha superato il complesso di Edipo per approdare a quello di Narciso? Ridicolo! Il figlio di Laio è stato superato già nel Sessantotto e rimpiazzato da Mercurio. La progenie del babbo ricco – alla quale faceva schifo sottostare alle virtù borghesi di paterna memoria (e quindi turpiloquio a tavola; farsi tutte le amiche senza il sacramento matrimoniale; non contentarsi più della lauta paghetta del genitore, auto compresa; non studiare e laurearsi comunque; fumare, farsi, ecc.) – ha ucciso il proprio seme e l’ha offerto in olocausto alla avvenente (in entrambi i sensi) società dei consumi d’importazione atlantica.

Non per la rivoluzione (leggi: rovesciamento del sistema produttivo), ma per sostituire al più presto possibile il marito della madre nel CdA della fabbrichetta, alla Rai, nei giornali di regime, e poi a Mediaset, nella multinazionale, e nel Club esclusivo che decide cosa tu, o lettore, devi fare o pensare. Il Sessantotto fu antiborghese e non anticapitalistico2. Progetto – fatto esplodere già nella Francia antiamerikana di de Gaulle (dimessosi il 28 aprile 1969), all’indomani della sperimentazione d’élite a Berkeley nel 19643 – per accelerare il sistema consumistico-mondialista e la conseguente trasformazione delle società capitalistiche europee in senso lassista-occidentale, principiando ad eliminare le scorie della cultura cattolico-comunisto-borghese, da anni in evidente crisi a causa del boom economico-industriale.

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Io non sono un “intellettuale” in quanto chiedo sempre spiegazioni e non do mai nulla per scontato: li detesto proprio perché ho l’umiltà d’imparare. Mentr’essi non meritano nemmeno di essere cassati, ma solo di essere usi a lavori socialmente utili.

E non mi riferisco soltanto ai ventenni attorno al “fatidico” anno, ma a tutti coloro i quali si trovano oggi in una situazione incresciosa; facendo parte di una fascia d’età, ormai decrepitizzatasi, che – la prima a un livello simile proclamante la superiorità della gioventù sull’età matura – non può stupirsi di essere a propria volta vilipesa dalla generazione chiamata a sostituirla (quella cosiddetta X), in quanto nella quasi totalità di quei casi, gli anni della vecchiaia dei “ragazzi di ieri” sono quelli della disfatta, della masturbazione e della vergogna4.

Note:
1 Bruno Arpaia, Il passato davanti a noi, Guanda, Milano 2006 (citato da Raffaele Liucci, L’avvenire dietro le spalle, ne “Il Sole-24 Ore”, Domenicale del 12 febbraio 2006, p. 35).
2 Sulla stessa corrente di pensiero l’illuminante opera di Diego Fusaro, Minima Mercatalia. Filosofia e capitalismo, Bompiani, Milano 2012.
3 Cfr. Hal Draper, La rivolta di Berkeley. Il movimento studentesco negli Stati Uniti, Einaudi, Torino 1966. «Paragone acuto, che rianima le categorie un po’ esauste di isolazionismo e interventismo, e che mi ha incuriosito di più perché mi ero accorto da poco che qualche teorico dell’interventismo neorepubblicano [di Bush Jr.] ebbe una gioventù trotzkista», in Adriano Sofri, I trotzkisti alla Casa Bianca, “la Repubblica”, 15 aprile 2003. Anche «Qualcuno ricordando anche i trascorsi trotzkisti e di militanza nella sinistra newyorchese in gioventù di diversi dei neo-cons della prima ora», in Siegmund Ginzberg, Neoconservatori i «trotzkisti» della Casa Bianca, “l’Unità”, 1° maggio 2003.
4 Michel Houellebecq, Le particelle elementari, Bompiani, Milano, 1999, citato da Ulisse Jacomuzzi, Rivoluzione à rebours, ne “Il Sole-24 Ore”, Domenicale del 22 agosto 1999.

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