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“Dopo” il Porcellum IV

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Dialogo sopra i due massimi sistemi

Come s’è visto nella scorsa parte dello studio, il modello proporzionale – dopo 47 anni di onorato servizio – su sprone di un’élite è venuto meno a causa di quell’odio generalizzato nei confronti della politica, avviatosi agli inizi dei Novanta. Nei recenti quattro lustri, ben due sistemi differenti hanno fallito. Ricordiamo ancora che la seconda scheda per la Camera per l’elezione della quota proporzionale (1994, 1996 e 2001) era bloccata e non consentiva il voto di preferenza. Il bimbo successivo (‘Porcellum’) era più cattivo, ma non meno viziato, del dodicenne precedente (‘Mattarellum’).

Ci si è cullati nell’illusoria certezza che le leggi possano cambiare la gente, al pari di quando gli astuti suggerivano ai creduloni che la preferenza unica alla Camera avrebbe – risum teneatis amici? fatto strame della mafia. Le norme – i cui testi, lungi dall’essere divini – non cambiano gli uomini, bensì questi ultimi le scrivono, mutano e impongono agli altri cittadini.

L’iniquità del ‘Porcellum’ e il suo significato partitocratico, espresso in un momento in cui tutti fingevano di essere contrari alle segreterie, lo si è visto maggiormente nel 2008 quando i i partiti maggiori, astutamente, hanno deciso di concorrere in pratica da soli, riducendo al minimo le alleanze. Non dimentichiamo il gioco del Pd che scartò i fastidiosi socialisti, accogliendo i caserecci dipietristi. Abbiamo avuto un’“opposizione” a sole tre voci, Pd, Idv e Udc (di cui due la stessa cosa: Pd e Udc), in sintonia con la maggioranza in tema di politica interna, economica ed estera. Si veda il consenso alle missioni in Afghanistan e altrove al seguito degli Stati Uniti, e alla vicenda del ricatto Fiat ai lavoratori di Pomigliano, con un governo totalmente dalla parte dell’azienda torinese e a favore dello svolgimento di un assurdo referendum, e con il Pd che ha espresso il suo massimo del dissenso con dichiarazioni compiacenti e defilate. Solo l’Idv dimostrò solidarietà ai lavoratori. Comunque, la XVI L. (2008-2013) è ormai storia, sull’attuale è meglio attendere.

Il nuovo Bundestag, 2013 (www.amt-neuhaus.de)
Il nuovo Bundestag, 2013

In genere il linguaggio adoperato per spiegare i due sistemi al cittadino non-addetto-ai-lavori è molto tecnico, spesso poco chiaro; qui si cercherà di mettere in evidenza – prima con un caso limite e poi con i dati delle politiche ’92 (le ultime svolte col proporzionale) – le notevoli differenze fra i tipi di elezione; e, successivamente, i pro e i contro.

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Poniamo il caso che l’Italia sia divisa in mille collegi uninominali che eleggano lo stesso numero di deputati (attualmente i nostri parlamentari sono 945). Nei mille collegi, immaginiamo per comodità, si presentino i candidati di tre liste: A, B e C. Se la lista A in ogni collegio conquista anche un solo voto in più di B e C, risulterà prima dappertutto, portando in Parlamento mille deputati contro zero di B e C. Nel caso, invece, si votasse con la proporzionale, la lista A conquisterebbe 334 seggi, la B 333 e la C 333 = 1000.

Nella prima ipotesi si avrebbe una sola coalizione di governo (la A), nella seconda ne avremmo ben quattro possibili (A+B+C, A+B, A+C, B+C). Teoricamente, stabilità in un caso, ricerca di maggioranze nell’altro. Naturalmente è un esempio limite.

Nel nostro Paese il sistema uninominale era adottato in maniera apparente per il Senato, diviso in 238 collegi che promuovevano 315 candidati.

Per dare un significato pratico alle diversità fra i due sistemi, basiamoci sulle elezioni 1992 per il Senato. Applicando nei collegi l’uninominale secca alla britannica (vince chi ha più voti), innanzitutto il numero dei senatori sarebbe sceso da 315 a 238 (uno per collegio), con i seguenti clamorosi risultati (fra parentesi i senatori realmente ottenuti nel ’92): Dc 182 seggi (107), Pds 43 (64), Lega Nord 7 (25), Südtiroler Volkspartei 3 (3), Psi 2 (49) e Vallée d’Aoste-Autonomie Progrès Fédéralisme 1 (1). Non sarebbero stati rappresentati ben 12 fra partiti e movimenti: P. Rif. Com. (20), Msi-Dn (16), Pri (10), Pli (4), Verdi (4), Psdi (3), Rete (3), Per la Calabria (2), Federalismo/Pensionati Uomini Vivi (1), Lega Alpina Lumbarda (1), Lega Autonoma Veneta (1), Lista Molise (1).

Tornando ad esaminare i sistemi, le proposte si differenziano anche rispetto alle scelte di valore che si prefiggono di tutelare: la democrazia e la rappresentatività restano la preoccupazione principale dei proporzionalisti; la governabilità e l’efficacia decisionale del governo stanno invece alla base dei maggioritari. Almeno apparentemente, anche se in effetti nascondono la volontà di omologarsi e adattarsi alle scelte amerikane, anche nello stesso linguaggio forzitaliota-piddino: convenscion-all-amatriciana, ilecscion-ddei, e amene similitudini da indigeni colonizzati.

L'ammiccare politico parte dagli anni Settanta (Biblioteca Armillotta)
L’ammiccare politico parte dagli anni Settanta (Biblioteca Armillotta)

I promotori della maggioritaria intravedevano nell’eliminazione della proporzionale concrete possibilità di: 1) alleviare il peso che la mediazione partitica esercitava sulle scelte dei cittadini, comprimendole e limitandole (abbiamo visto che eravamo nel periodo pieno di Tangentopoli), e 2) ripristinare alcune delle ‘migliori’ caratteristiche del modello liberal-capitalista di rappresentanza politica.

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La priorità del ruolo del candidato di fronte all’organizzazione di partito sarebbe venuta a collegarsi ai più stretti legami tra elettori ed eletto propri di un meccanismo elettorale a base maggioritaria, almeno a livello di principio. Occorre ricordare che, mentre la proporzionale tende a rafforzare il peso dei partiti e delle idee da essi rappresentati – sia dentro che fuori il Parlamento – e a trasformare i partiti in costituzionali “organi dello Stato”, i sistemi maggioritari – si diceva – premiano, all’interno come all’esterno dei partiti, il ruolo delle personalità, dei leader, a spese di quello dell’organizzazione. Personalità sostenute però dalle lobby, termine che in italiano non si traduce in ‘corrente d’opinione’, bensì in ‘voto di scambio’.

La critica dei sostenitori della proporzionale rileva che si finirebbe per premiare il particolarismo e col produrre un trasferimento significativo di potere dai partiti ai gruppi di pressione (leggi, appunto, lobby). Gli eletti si vedrebbero conferire mandati di contenuto localistico e multinazionale, perciò tendenzialmente imperativo, mentre le lobby sarebbero in grado di far eleggere direttamente propri candidati, il che ha favorito nuove forme di trasformismo, come sta accadendo dal 1994.

In verità la maggioritaria non ha affatto accresciuto l’autonomia degli eletti nei confronti dei partiti, oppure il prestigio dei parlamentari rispetto agli uomini di corrente, come certuni annunciavano e auspicavano: basti osservare la sfilata di personaggi politici che i mass-media propinano di continuo. Inoltre il meccanismo maggioritario non solo non ha il pregio di spingere le forze minori a unirsi, ma ha moltiplicato maggiormente partitini, partitelli e movimentucci come testimoniano le elezioni dal 1994 al 2008: partiti in numero superiore, per Legislatura, allo storico primato di 19 liste1 al Parlamento proporzionale del 1992.

Un’eccessiva frammentazione delle forze politiche rende meno agevole il lavoro del Parlamento, pregiudicando in vario modo la stabilità e il rendimento dei governi – soprattutto attraverso il conferimento di un potere di veto anche a frazioni insignificanti di classe politica, insediando un clima da rissa e campagna elettorale permanente.

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Non per nulla le trasmissioni autocopulantesi del tipo “Vota per me, caro teledipendente!”, si sono moltiplicate come lendini fra il 1994 ed oggi, al punto che il Maurizio Costanzo Show (f. 1980), al cospetto, pare un’opera di Samuel Beckett: da M.C. sfilavano persone, e non stipendiati o speranzosi da 20mila euro mensili.

Assieme alle suddette negatività, il maggioritario comporta i rischi di un aggravamento dei problemi inerenti la selezione dei candidati e, soprattutto, il carburante della vita politica (rectius: corruzione). Adesso che è stato posto fine al finanziamento pubblico dei partiti, mantenendo solo la possibilità di attingere dai privati, che pensate? Vivranno d’aria e parole? Oppure sulla miserabile tesseruzza annua dell’iscritto?

Da parte di chi scrive s’auspica il proporzionale puro con sbarramento al 5%. La Germania ha votato lo scorso 22 settembre per il rinnovo del Bundestag, con una legge elettorale mista (in vigore dal 9 maggio 2013) a carattere più proporzionale rispetto al passato. Se il predetto sistema è alla base del vincente Stato tedesco, vi siete mai chiesti il perché qui da noi sia tanto aborrito dai soliti noti?

Note:
1 Da non confondere con i gruppi parlamentari. Oltre al gruppo misto (che racchiude deputati di partiti differenti), vi sono pure i “non iscritti ai gruppi parlamentari” che rappresentano gli interessi di mini-liste distinte.
Giovanni Armillotta

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Un commento su ““Dopo” il Porcellum IV

  1. Questo excursus “votatorio” in quattro puntate è molto preciso ed illuminante allo scopo di fornire al lettore gli strumenti per cercare di capire qualcosa in questo guazzabuglio politico che è diventato il parlamento di questa nostra povera Italia. Infatti ci si dibatte fra instabilità politiche e transumanze da uno schieramento all’altro da parte di gruppuscoli di “illuminati dissenzienti” colpiti sulla via di Damasco da folgorazioni democratiche a vario titolo ed improvvisi crisi seguite da rimbussolamenti di personaggi governativi. Il tutto è di una stomachevolezza ributtante, che solo gli ingenui o le tre scimmiette proverbiali possono scambiare per “vera democrazia”.
    Tornando ai tuoi scritti esaustivi e chiarificatori, anche con l’ausilio di interessanti tabelle riassuntive dei dati portati, si tratta di un’opera meritoria e molto interessante. Grazie per avermene messo a parte, ti saluto
    Lucio

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