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Messi o non Messi?

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Concordo con coloro i quali sostengono che al “povero” Messi abbiano voluto dare un generico premietto di consolazione alla carriera, quella con il Barcellona, però, perché quella con la Nazionale Argentina è buona (relativamente al numero dei gol più che per le prestazioni sempre un po’ sul grigiastro anziché no) ma non all’altezza del suo (presunto) nome d’eccellenza. A me piace (pensare di essere in grado di) esaminare intus et in cute quello che accade sul ed intorno al campo di calcio per vedere di capirne criticamente i risvolti. Ebbene ritengo che pure per Messi, come s’è detto per Thiago Silva e Neymar, siamo sempre lì col conto. Sicuramente il calcio si è evoluto (o involuto) prendendo la direzione di un certo energumenismo atletico (è successo anche nel tennis a cominciare dal tragico Björn Borg) a tutto campo già rispetto ai tempi di Maradona, figuriamoci rispetto a quelli di Pelé! Si corre a velocità triple e si mena dieci volte tanto; gli scontri fra atleti a volte sono impressionanti per la violenza; quando c’è un contrasto di testa spessissimo uno o tutt’e due i duellanti ne escono malconci in modo anche grave, tanto da essere costretti anche all’abbandono della contesa, mentre questo rarissimamente accadeva trenta/ quatant’anni fa. Ci sono raddoppi, triplicamenti e quadruplicamenti furibondi e frenetici di marcature su un singolo calciatore, gabbie intorno al giocatore clou di una squadra, se non si riesce a fermare un calciatore dopo un primo o secondo dribbling, al terzo viene – con cinismo ed intenzione – letteralmente abbattuto. Insomma, per farla breve è tutto un mulinar di gambe e di braccia usate in maniera non regolare e molto spesso sotto l’occhio permissivo e con il beneplacito dell’arbitro (i “grandi” cronisti dicono: “Arbitra all’inglese!”). Piano piano il calcio si è trasformato da un’attività prestipedatoria, dove prevalevamo le qualità tecniche, ad una sorta di “gamba di ferro” continua ed asfissiante, con grande goduria degli spettatori paganti e salassati, che si svenano per assistere ad uno spettacolo calcistico e non gladiatorio, fin quasi a ritenere che molto presto qualcuno proporrà di giocare le partite direttamente al Colosseo restaurato alla bisogna: ché così si fa prima.

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Detto questo non è che io voglia scusare Messi. Egli è nato e cresciuto in questo calcio, ci si sarà abituato; la considerazione “critica” del rendimento di Leo Messi in Nazionale deve partire dall’esame dei numeri, anche se non è solo una questione di soli numeri.

Dice Wikipedia che il nostro con il Barcelona ha segnato 365 reti in 457 partite, mentre in Nazionale ne ha segnati 42 in 93 partite: e già qui c’è una discrepanza, come direbbe il grandissimo Totò. Però i numeri non svelano la questione principale: la qualità delle prestazioni.

Con il Barcelona si assiste ad un suo evoluire rutilante e a volte funambolico, sia nel campionato spagnolo che a livello europeo: ben inserito nel meccanismo perfetto (anche se molto noioso) della squadra, ed attorniato da corifei di notevole spessore tecnico debitamente imperversanti, a volte in una maniera e con una intensità, che lasciano negli osservatori più di un dubbio, egli esprime un calcio spettacolare ed efficace. C’è anche da sottolineare come Messi sia pure assistito da arbitri benevoli e per di più abbacinati dall’“effetto UNICEF” (Mourinho dixit!1), i quali una buona manciata di rigorini o punizioncine benevoli non gliel’hanno mai negata. In conclusione egli ha sfoderato delle prestazioni notevoli che hanno sollecitato le più nobili ugole dei “divini” commentatori televisivi che ci assordano con esplosioni vocali degne di miglior causa. Insomma Messi con il Barcelona rende bene, marca valanghe di gol e spesso maramaldeggia sugli avversari.

In Nazionale, viceversa, pur avendo compagni di squadra più che degni, per forza di cose (numero di partite giocate insieme in numero molto limitato) o per insipienza degli allenatori, il nostro eroe non riesce (forse perché non è) a farsi conducator e trascinatore, come magari rifulgeva Maradona ai suoi bei tempi. Pertanto si limita ad un tran tran semi-spento e molto spesso, come si è visto anche allo stadio Maracanã, si estranea dal copione della partita.

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Insomma fuori dallo spartito catalano retrocede quasi a comprimario. Di qui le figurine e le figuracce dell’osannato fuoriclasse argentino attanagliato, tra l’altro, da disturbi del sistema nervoso simpatico che molto spesso lo fanno vomitare in campo e ne denunciano il grande disagio psico-fisico.

Per concludere sono molto curioso di vederlo all’opera nella prossima stagione calcistica. All’indomani della bufera che ha ridimensionato la validità e la funzionalità dell’ossatura nazionale iberica – in gran parte barcellonese – e che forse ha inaridito la cospicua messe della vena di gioco catalana. Mah! Staremo a vedere.

Note:
1 Una vergogna, è il potere dell’Unicef, La Stampa, 28 aprile 2011.
Lucio Guerriero

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