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L’ascesa di Tomoko Nagao, interprete del consumismo kawaii

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La società usa e getta, dei servizi e consumi fast. Bisogni indotti di massa che derivano dall’accumulazione di denaro facile, prodotti da divorare il più velocemente possibile, per poi consumare ancora. Nelle opere di Tomoko Nagao, tratti netti e assenza di prospettiva, simboli del consumismo e colori vivaci: è la visione della pittrice, nata nel 1976 a Nagoya in Giappone, odierna stella del movimento Micropop e Superflat in Italia, dove attualmente risiede. Una concezione “kawaiizzata”, nel caratteristico stile grafico dell’innocenza fanciullesca espressa da Manga e Anime – aspetto molto rilevante nella tradizione giapponese, prontamente mercificato dalle strategie di mercato a partire dagli anni Ottanta. In realtà, l’origine della predilezione del popolo del Sol Levante per il genere kawaii (grazioso, piccolo, adorabile) risale a tempi molto antichi, ossia al periodo Edo (1603-1867), con la vasta popolarità dei preziosi bottoni ornamentali in avorio (netsuke), impiegati per appendere scatole portaoggetti (inrō) alla cintura del kimono. Lo stile raggiunse un’irrefrenabile ascesa fra i giovani degli anni Settanta, influenzando tendenze commerciali giapponesi e tecniche di comunicazione mirate ad ampliare le vendite: confezioni adornate di cuori, fiori ed arcobaleni simili a quelli che le studentesse disegnavano sui loro quaderni per decorare la calligrafia. Multinazionali come la Sanrio lanciarono produzioni che invasero i mercati occidentali: Hello Kitty, oggetto prettamente kawaii, è un marchio che genera circa un miliardo di dollari di fatturato annuale. Negli anni Ottanta, fumetti e cartoni animati si trasformarono in fenomeni di diffusione planetaria della cultura nipponica: manga come Candy Candy e Spank, anch’essi emblemi dell’estetica kawaii, spopolavano sulle reti televisive italiane ipnotizzando gli adolescenti. Finché, nel successivo decennio, la tendenza fu ripresa dai personaggi pubblici in carne ed ossa: gli aidoru, idoli musicali pop, fumetti viventi ispirati alle fattezze dei cartoni animati. Impatto globale sfociato nella contaminazione artistica del movimento postmoderno Superflat: il termine è stato coniato dall’influente artista Takashi Murakami (n. 1962) per definire i propri riferimenti, ispirati a temi dell’iconografia di massa del Giappone. Una combinazione dell’estetica Pop con il genere kawaii. Arte “appiattita” e bidimensionale che tende a trasmettere ed esternare il vuoto e la superficialità della società dell’immagine, nell’èra consumistica: quando Murakami ha elaborato grafiche per Louis Vuitton, stava esaltando un marchio lussuoso oppure ne contestava cinicamente la vacuità?

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La Venere di Tomoko Nagao
Botticelli – The Birth of Venus with Baci, di Tomoko Nagao

Un interrogativo simile si solleva di fronte alle opere di Tomoko Nagao, la cui peculiarità consiste nel reinterpretare classici dell’arte, da Caravaggio a Botticelli, attraverso il Superflat. Le rappresentazioni della pittrice, influenzate sia da Murakami che dalle figure stilizzate di Nara Yoshimoto, esplorano e contaminano i dipinti dei grandi Maestri con la cultura Pop contemporanea, visualizzandoli nell’ottica kawaii-capitalista intrisa di attraenti etichette e allettanti prodotti commerciali. Soggetti stilizzati, icone della cultura di massa nell’epoca del commercio globale, dove marchi occidentali e orientali sono mescolati fra loro. La grande onda di Kanagawa, di Katsushika Hokusai, nella chiave Superflat postmoderna diviene una sorta di tsunami di salsa di soia Kikkoman, barattoli di maionese, hamburger e patatine McDonald – simboli della società standardizzata entrati a far parte dell’immaginario dell’artista. Una collettività che Tomoko Nagao descrive coi termini “flat” e “fast”, laddove le icone classiche si pongono, senza differenze per l’uomo comune, sullo stesso piano degli oggetti di uso quotidiano. È l’appiattimento indotto dalla dottrina Pop: perciò, se oggi il Narciso di Caravaggio si specchia nell’acqua di una fonte, nel riflesso sono proiettate anche lattine di CocaCola, automobili Smart, barattoli di Nescafé e borse di Louis Vuitton. Un giovane Bacco ammalato è assediato da confezioni di Nutella, Cup Noodle, monitor Apple e pagine Google. E Las Meninas di Velázquez, nella rivisitazione di Tomoko, vede l’Infanta Margherita con dame di corte kawaiizzate e attorniate dall’onnipresente Cocacola, oltre a Hello Kitty e buste di Zara.

In particolare, Botticelli – The Birth of Venus with baci era stata esposta lo scorso settembre alla Gemäldegalerie di Berlino: una rivelazione, fra nomi del calibro di Andy Warhol, David La Chapelle, René Magritte, Edgar Degas, Dante Gabriel Rossetti e molti altri, era stata proprio l’artista giapponese, attiva da anni a Milano. L’opera vettoriale di Tomoko è stata presentata dai curatori in apertura della mostra The Botticelli Renaissance. Pur mantenendo gli elementi del dipinto di Botticelli, tuttavia Venere – attorniata da Zefiro, la ninfa Clori con in braccio Hello Kitty e l’ancella Ora con una crema Shiseido in mano – emerge da una consolle Sony PSP, fluttuando su una marea di Baci Perugina, sacchetti biodegradabili della Esselunga e confezioni di spaghetti Barilla, sotto al cielo in cui sfrecciano aerei Easyjet. Attualmente, la composizione si trova al Victoria & Albert Museum di Londra, in occasione di Botticelli Reimagined (5 marzo – 3 luglio), un’esposizione che rende omaggio al Maestro del Rinascimento e ne indaga, tramite 150 opere, le influenze dalla seconda metà del XIX secolo ad oggi. Il soggetto della Venere after Botticelli sarà protagonista anche della mostra Japan Pop – EdoPop e Nipposuggestioni (10-31 marzo) a Milano, presso la sede della Deodato Arte, assieme ad altre creazioni di Tomoko Nagao, Hikari Shimoda, Hiroyuki Takahashi e Hitomi Maehashi.

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Flora Liliana Menicocci

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