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Nella mente degli eurotecnocrati: cosa vogliono entro il 2025

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Jean-Claude Juncker ha tuonato: “Avanti fino alla morte per l’Europa unita”. La preoccupazione a Bruxelles è che, dopo la Brexit, il progetto dell’Unione europea possa essere seriamente compromesso. S’è fatto sempre finta di non capire: i britannici storicamente non si sono mai reputati europei bensì britannici, al pari dei malgasci – i quali storicamente non si sono mai reputati africani bensì malgasci. Il fatto stesso che la Gran Bretagna non adottasse l’euro, la dice lunga sull’uscita successiva. Già nel 1988, a Bruges, Margaret Tatcher si espresse contro un “superstato europeo che esercita il suo nuovo dominio da Bruxelles”, privando la nazione britannica di autonomia. Perché la Tatcher definì l’UE un “superstato”? Per capirlo, dobbiamo entrare nella mente dei tecnocrati.

In una relazione intitolata Five Presidents’ Report, un anno fa i presidenti Jean-Claude Juncker (Commissione europea), Donald Tusk (Consiglio europeo), Jeroen Dijsselbloem (Meccanismo europeo di stabilità), Mario Draghi (Bce) e Martin Schulz (Parlamento europeo) hanno delineato il percorso del futuro dell’UE fino al 2025, spingendo verso una maggiore integrazione dei Paesi membri attraverso la creazione in Europa di un unico governo economico, fondato sull’euro.

“L’euro è una moneta stabile e di successo. È attualmente la moneta comune di 19 Stati membri dell’UE e di oltre 330 milioni di cittadini. Ha garantito ai suoi membri la stabilità dei prezzi e li ha protetti contro l’instabilità esterna”1.

Gestione finanziaria comune, inclusi fisco e bilancio. Armonizzazione delle leggi di diritto societario, diritto di proprietà, diritto fallimentare e regolamento comunitario sulla sicurezza sociale, migliaia di normative alle quali ciascun membro – incluso il Regno Unito se avesse scelto la permanenza nell’UE, pur non essendo parte dell’eurozona – si dovrà adeguare. Misure di centralizzazione che sono in parte attuate con il mercato unico (chiamato anche “mercato interno”), arrivando ad includere questioni che riguardano la giustizia, le forze dell’ordine, i diritti umani, gli affari interni e le politiche sull’immigrazione – ma prevedono il prossimo ed ulteriore allineamento delle politiche sociali, economiche e di bilancio – oltre alle vigenti politiche comuni commerciali, agricole e ambientali. Il mercato unico potrebbe essere esteso in modo più completo anche per i beni e servizi, l’energia, il digitale e i mercati dei capitali. Sempre maggiore estensione delle aree di competenza dell’UE – un processo avviato dal Trattato di Maastricht – su cui la tutela giurisdizionale è competenza, a sua volta, della Corte di giustizia europea con sede a Lussemburgo.

“L’euro è più di una semplice valuta, è un progetto politico ed economico”2.

Tale unione economica, finanziaria e di bilancio, oltre al controllo democratico, alla legittimità ed al rafforzamento istituzionale dell’UE sono i punti principali del suddetto rapporto presentato il 22 giugno 2015 da Juncker in collaborazione con Tusk, Shulz, Dijsselbloem e Mario Draghi. Obiettivo: completare l’unione economica e monetaria dell’Europa. La tabella di marcia prevede di giungere all’obiettivo dell’unione bancaria entro il 2017, attraverso l’istituzione di un meccanismo di finanziamento, di un sistema comune di garanzia dei depositi ed un più efficiente strumento di ricapitalizzazione diretta delle banche. A ciò si aggiungeranno il varo dell’unione dei mercati capitali e il potenziamento del Comitato europeo per il rischio sistemico.

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Per l’unione di bilancio è previsto un nuovo Comitato consultivo europeo per le finanze pubbliche, il quale “valuterebbe a livello europeo, pubblicamente e in indipendenza, la performance dei bilanci, con la relativa esecuzione, a fronte degli obiettivi economici e delle raccomandazioni stabiliti nel quadro di bilancio dell’UE”.

Più controllo democratico e potere istituzionale al Parlamento europeo e all’Eurogruppo tramite un semestre europeo complessivamente riorganizzato che agirà in due fasi – prima la zona euro e poi le discussioni specifiche sui singoli paesi – con un controllo parlamentare rafforzato sull’analisi annuale della crescita e “raccomandazioni” su ciascun bilancio nazionale.

“Per essere ambiziosa questa prospettiva più a lungo termine ha bisogno di misure a breve termine. Tali misure devono stabilizzare la casa europea oggi e preparare il terreno per un’architettura completa a medio termine. Ciò comporterà inevitabilmente un’ulteriore condivisione della sovranità nel tempo. (…) In pratica, ciò implicherebbe che gli Stati membri siano disposti ad accettare in misura crescente decisioni congiunte su elementi delle politiche economiche e di bilancio nazionali”3.

A seguire, “interazioni più sistematiche tra Commissari e parlamenti nazionali, sia sulle raccomandazioni specifiche per paese sia sui bilanci nazionali, consultazione e coinvolgimento più sistematici, da parte dei governi, dei parlamenti nazionali e delle parti sociali prima della presentazione annuale dei programmi nazionali di riforma e dei programmi di stabilità. Intensificazione della cooperazione tra il Parlamento europeo e i parlamenti nazionali. Potenziamento del ruolo d’indirizzo dell’Eurogruppo. Misure per una rappresentanza esterna unica della zona euro. Integrazione nel diritto dell’UE del trattato sulla stabilità, sul coordinamento e sulla governance, delle parti pertinenti del Patto euro plus e dell’accordo intergovernativo sul Fondo di risoluzione unico”. Entro il 2025, il “completamento dell’architettura dell’UEM”, ossia dell’unione economica-monetaria prevede nuovi vincoli aggiuntivi e la stabilizzazione macroeconomica per la zona euro; dopodiché, l’integrazione del Meccanismo europeo di stabilità nel diritto dell’UE. Infine, si arriverà all’istituzione di una Tesoreria della zona euro responsabile a livello europeo.

“La nostra popolazione invecchia rapidamente e sono necessarie altre importanti riforme per garantire che i sistemi pensionistici e sanitari siano in grado di reggere. A tal fine, sarà tra l’altro necessario allineare l’età pensionabile alla speranza di vita”5.

Gli “architetti dell’Europa” non avevano previsto la Brexit, né preso in considerazione le eventuali conseguenze. Altri Paesi potrebbero seguire il Regno Unito, nel momento in cui l’euroscetticismo sta aumentando di pari passo alla sfiducia dei cittadini nei confronti delle classi politiche che seguono alla lettera la dottrina dell’austerità e il rigore. Cos’accadrebbe se entro il 2025 Bruxelles avesse molto più potere, come previsto dal progetto dell’unione economica-monetaria dei cinque presidenti?

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Se attuano i loro intenti nessuno potrà fare opposizione e non si potrà più uscire dall’UE in guisa di grande campo di concentramento post-moderno, dotato di “comfort” unimediatici, manovalanza da immigrazione e lingua inglese senza madrepatria. E ricordiamo ai lettori che già la Costituzione italiana all’Art. 75 non prevede referendum abrogativi per trattati internazionali, e sin da allora con l’eterno accordo Dc-Pci:

“Quando, nella successiva seduta del 21 gennaio [1947], fu discusso il referendum abrogativo, a fronte della richiesta dell’on. Fuschini [Dc] di individuare le leggi su cui escluderlo, Einaudi [liberale] rispose che esse dovevano essere le stesse su cui non era ammesso il referendum sospensivo (cioè quelle di approvazione del bilancio e quelle di autorizzazione alla ratifica dei trattati internazionali), riscontrando il sostanziale consenso del [vice]Presidente [dell’Assemblea Costituente] Terracini [Pci] […]”6.

Note:
1 Relazione di Jean-Claude Juncker, Donald Tusk, Jeroen Dijsselbloem, Mario Draghi e Martin Schulz, Completare l’Unione economica e monetaria dell’Europa, Commissione europea, 22 giugno 2015, pag.4
2 Ibidem.
3 Ivi, pag.5
5 Ivi, pag.10
6 Andrea Pertici, Il giudice delle leggi e il giudizio di ammissibilità del referendum, Quaderni del Dipartimento di Diritto Pubblico dell’Università di Pisa, Giappichelli, Torino, 2010, p. 133.

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