Dal Wall Street Journal: nel secondo dopoguerra si progettava il Nuovo ordine mondiale
Alla luce di un documento d’archivio tratto dal Wall Street Journal, sarebbe – quantomeno – giunto il momento di aggiornare la pagina di Wikipedia intitolata ‘Teoria del complotto del Nuovo Ordine Mondiale’. Infatti, l’incipit corrispondente alla voce nell’enciclopedia libera riferisce: “Il cosiddetto Nuovo Ordine Mondiale (in latino Novus Ordo Mundi), in sigla NWO (acronimo del corrispondente termine inglese New World Order), è una teoria del complotto secondo la quale un presunto gruppo di potere oligarchico e segreto si adopererebbe per prendere il controllo di ogni paese del mondo, con il pieno totalitarismo al fine di ottenere il dominio della Terra”. Toni melodrammatici da parodia a parte – va comunque notato che non è indice di autorevolezza, per un progetto che si prefigge l’obiettivo di conservare e rendere accessibile il sapere umano, trattare argomenti con simile disinformazione – la suddetta definizione è errata.
Non esiste alcuna ‘teoria del complotto’ da dimostrare né si vagheggia di ‘un presunto gruppo di potere oligarchico e segreto’. Gli ignoti autori wikipediani devono aver visto troppi b-movie all’amerikana e confuso l’esatta percezione della realtà con la fantasia. Può accadere, a forza di proiettarsi nella mente illusioni ottiche telepilotate.
L’articolo dello storico statunitense William Henry Chamberlin (1897-1969), What of World Government? Nations Not Yet Ready to Relinquish Their Sovereignty But We Can Work for Good Under Present Framework, pubblicato dal Wall Street Journal il 21 marzo del 1946 – in quegli anni non era ancora nato il progetto Arpanet, precursone di Internet e finanziato dalla Darpa, Agenzia governativa del Dipartimento della Difesa degli Usa – ci sarà utile in tal senso. Chamberlin, un critico del comunismo, del socialismo e di ogni forma di collettivismo in generale, esprimeva preoccupazioni sulle cause che impedivano, all’epoca, la formazione di un governo mondiale. In primis, gli Stati nazionali europei ed asiatici non erano pronti a cedere la rispettiva sovranità a nuove sovrastrutture, entità – dette, appunto, sovranazionali – le quali avrebbero perseguito obiettivi globalisti: centralizzazione del potere (ergo, ciascuno Stato non avrebbe più potuto esercitare la propria potestà sul territorio in maniera assoluta e indipendente), riduzione e standardizzazione delle economie, diretto controllo e gestione di risorse naturali su scala mondiale. E tutto – apparentemente – senza conflitti armati, con il consenso dell’opinione pubblica: un miracolo a stelle e strisce?
“È un giorno raro quello in cui qualche individuo o gruppo, in questo paese, non si dimostri favorevole al governo mondiale. Non molto tempo fa, un gruppo di oltre un migliaio di Americani, inclusi alcuni famosi scienziati, educatori, giuristi, pubblicitari, religiosi e leader laburisti, industriali ed artisti, ha firmato una petizione chiedendo al Presidente Truman di prendere l’iniziativa per trasformare l’Onu in un governo mondiale” – scrisse lo storico e giornalista. E inoltre: “Durante la scorsa settimana, un gruppo meno numeroso, fra cui un Senatore e due Deputati, un autore e un commentatore radiofonico, dopo aver partecipato a una conferenza al Rollins College, ha sollecitato la convocazione di un congresso delle Nazioni Unite con il proposito di trasformare l’Onu ‘da una lega di Stati sovrani in un governo che derivi i suoi specifici poteri da abitanti di tutto il mondo per la prevenzione della guerra’. Il loro progetto suggerisce che l’Assemblea generale dell’Onu debba essere ricostituita come branca legislativa del governo mondiale”.
Come affermato da Chamberlin (omettendo i nomi dei promotori), negli anni Quaranta un ristretto – e influente – gruppo di personalità, rappresentative dei più disparati ambienti (illustri dottori, politici, religiosi, figure dei media, dello spettacolo, della finanza nonché della grande industria – è noto che i comuni mortali siano esclusi da simili elitarie conferenze) si era preso la briga di sollecitare il Presidente degli Stati Uniti d’America e l’Onu, affinché fosse attuata una decisiva innovazione dell’ordinamento giuridico e politico mondiale.
“Questa legislatura globale dovrebbe approvare leggi che proibiscano la fabbricazione di determinate armi di distruzione e il Consiglio di Sicurezza assumere la funzione esecutiva in merito all’osservanza di tali leggi”. Secondo l’autore, soltanto due erano le vie percorribili per poter fondare, un domani piuttosto vicino in termini storiografici, il governo unico. Innanzitutto, come i firmatari della suddetta risoluzione non appartenevano ad un peculiare orientamento politico, ma vi erano fra loro “conservatori, liberali e radicali, e uomini e donne che avevano espresso differenti punti di vista sull’ultima guerra (il II conflitto mondiale, nda) e sugli accordi successivi ad essa”, allo stesso modo i rappresentanti di ogni sfumatura politica avrebbero dovuto prender parte all’esecutivo.
Poiché “si può certo argomentare che gli Stati Uniti non abbiano tentato né la via dell’isolazionismo né quella del pacifismo, ma visto il numero assai ridotto di obiettori di coscienza (la proporzione è stata di circa uno su un migliaio) in una guerra che ha riscosso poco consenso popolare, è altamente improbabile che il pacifismo unilaterale incontri il supporto della maggioranza degli Americani in un futuro prossimo”, per Chamberlin – che negava anche la fattibilità delle politiche isolazioniste – non c’era da sorprendersi della volontà di “molti uomini e donne seri e sinceri” di una svolta verso il governo mondiale. Anzi, Chamberlin la vide come “l’unica salvezza per una civiltà terribilmente sconvolta dalla recente guerra e che potrebbe essere letteralmente cancellata dal disastro di un altro grande conflitto”. Un nuovo ordine mondiale, oppure una sorta di conflagrazione apocalittica che avrebbe spazzato via il genere umano.
E nel caso in cui – dopo una simile ipotesi minatoria – i lettori del Wall Street Journal non si fossero ancora persuasi della necessarietà del piano geopolitico globale, aggiunse: “a dire il vero, è plausibile che una forma di governo mondiale possa realizzarsi in seguito ad un’altra guerra mondiale. L’ultimo scontro ha ridotto il numero delle grandi potenze da 7 a 3. Un nuovo titanico conflitto potrebbe ridurle da 3 a una”. È preferibile assumere per via orale un’elevata dose d’olio di ricino con le buone o con le cattive maniere? Non temiate: “soltanto un fanatico dottrinario si assumerebbe i terribili rischi, le sofferenze ed i sacrifici di una guerra finalizzata ad imporre uno schema sperimentale di autorità internazionale sul mondo”. Finché nessun fanatico dottrinario assurgerà al potere, potreste pure dormire sonni tranquilli. Nel mentre, “la stragrande maggioranza dei sostenitori del governo mondiale sta considerando di elaborare un piano in base al quale ciascuna nazione vorrà pacificamente e volontariamente aderire”. Riguardo al vecchio Continente – nel secondo dopoguerra questa sì che doveva sembrare un’impresa titanica – siamo giunti alle soglie del 2017 e l’Unione europea è realtà quotidiana. Fondo monetario internazionale e Bce completano la triade dei globalizzatori, coloro che si stanno adoperando a convertire l’Europa delle nazioni in un terreno di speculazione unico e indifferenziato. Nell’ideologia globalista, il fine supremo onnicomprensivo trascende i fini sociali delle singole entità statuali.
Ulteriore ostacolo al Nwo – il Novus Ordo Mundi, per i fedeli papaboy – è il potere di veto nell’ambito del Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite. “Aver accettato alcune normative, un metodo di risoluzione delle dispute internazionali basato sul sistema della maggioranza di voto potrebbe esser stato molto meno rivoluzionario di un governo mondiale”. Emerge una caratteristica del nuovo ordinamento planetario concepito nell’era post-atomica: fin dalla sua forma embrionale, non ha mai aspirato all’ideale democratico. L’Unione Sovietica si oppose a tale risoluzione di stampo global-imperialista, lottando “con le unghie e con i denti per la conservazione di questo diritto di veto” – un veto che anni fa la Federazione russa aveva posto, assieme alla Repubblica Popolare della Cina, contro l’intervento militare dell’Onu in Siria.
In aggiunta, “i comuni vincoli dell’esperienza nazionalista, gli ideali nazionali, le festività simboliche” impedivano la sperimentazione del governo unico, semplicemente perché non esistevano – né erano riproducibili – su scala globale. C’è da chiedersi se sia dovuta anche a questo l’introduzione delle innumerevoli giornate mondiali della gioventù, della famiglia, del rifugiato, del libro etc. etc.
Eppure, per unire i popoli sotto l’egida di comuni esperienze e ideali interplanetari sarebbe necessario ben altro. L’anzidetta “stragrande maggioranza dei sostenitori” del progetto globalista avrà considerato anche ciò?
Per concludere, a meno che, secondo Wikipedia, settant’anni fa il Wall Street Journal abbia riportato soltanto una delle “numerose versioni di tali ipotesi indimostrate e credenze più o meno fantasiose, spesso con temi e oggetti assai eterogenei e scorrelati tra loro, sostenute da piccoli gruppi complottistici spesso in conflitto interpretativo”, il nuovo ordine mondiale è un chiaro e prestabilito obiettivo politico, economico e giuridico, per cui ai piani alti si sta alacremente lavorando – con evidenti e tangibili risultati – sotto gli occhi di tutti.
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