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Marcuse, i palloni d’oro e il calcio a una sola dimensione

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In merito ai vari premi assegnati a cosiddetti surrogatini-di-Maradona, va detto che essi premi non vanno presi in considerazione in quanto in sé, ma puramente nell’ottica di unidimensionalità del tifoso, su cui ci soffermeremo. Sono altre le cose che devono preoccupare gli appassionati: il rigore inesistente o l’espulsione immotivata in turni precedenti, che poi modificano successivamente la forza tecnica e agonistica di un Club o di una Nazionale, in un torneo FIFA o UEFA. Nessuna delusione se il tuo idolo non l’ha preso, tutto è stato deciso prima.
I premi, invece, sono come gli abiti da 10-20mila euro delle Signore e Signorine in feste al vertice (per gli abiti da sposa si giunge a punte di 200mila a capo). Vestiti che non s’indossano per fare la spesa o andare in vacanza oppure ad un concerto, ma solo in serate di alta classe secondo un calendario scandito in largo anticipo.
Antipodicamente i premi valgono meno di un riconoscimento scolastico dato – in scuole dell’infanzia o primarie – ad un bambino attraverso dei dolci, quaderni o smartphone. Invece i premi per gli “adulti” non sono altro che rappresentazioni delle volontà degli sponsor che influenzano i voti, tali da permettere al vincitore della recente edizione di guadagnare 127 milioni di dollari in un anno, secondo la rivista «Forbes» 1.
Ai giorni nostri il Pallone d’Oro non ha più il fascino dei tempi di Matthews, Di Stefano, Sivori, Eusebio, Best, Rivera, Cruyff, Beckembauer, Rossi, Platini, ecc. Si è arrivati giustamente al Trofeo Jašin per i portieri, sempre indetto dalla rivista «France Football», in quanto il Pallone d’Oro ha perso ogni credibilità dopo la sfilza degli sponsorizzati; poiché per altri ruoli, al di fuori dei fabbricanti di banconote, non c’è spazio. Mi auguro siano varati riconoscimenti anche per il miglior difensore, centrocampista e regista.
L’essenza del calcio va riportata ai Club, unicamente ai Club (Sheffield FC, primo Club al mondo: f. 1857, sei anni prima della federcalcio inglese). La derivazione successiva – imposta dall’esistenza degli Stati – è stata la Nazionale d’ogni Paese, che raccoglieva il meglio dei Club racchiusi nei propri confini.

Una ragione attuale del tutto priva di significato nel contesto primevo di Stato rappresentante l’etnia, mentr’oggi è una sommatoria di passaporti rilasciati dai rispettivi Ministeri competenti. Ergo, i Club hanno tuttora un immenso significato: al contrario delle Nazionali non più tali, rispetto allo spirito di cui sono state effluvio. La manifestazione suprema e simbolica dei Club è il FC Madrid, quando – a federcalcio spagnola non ancora ‘in mente Dei’ – fondò il 21 maggio 1904 la FIFA, assieme alle federcalcio di Belgio, Danimarca, Francia, Paesi Bassi, Svezia, Svizzera e Germania (con un telegramma). Però, il passo successivo di chi decide i premi, sarà la distruzione e l’annullamento dei Club.

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La morale è che si cerca – con successo del girodanaro – di spacciare il calcio, da sport di squadra ad esaltazione dell’individual-commerciale. Negli albi d’oro di Mondiali, Tornei continentali, Coppe, non si porrà quale vincitore il nome del Club, ma quello del calciatore di turno che ha più “Mi piace” su Facebook.
Le Coppe dei Campioni non le ha vinte il Barcelona bensì il il suo capitano; la stessa manifestazione non se l’è aggiudicata il Real Madrid, ma il Marchese di Tordesillas, prima di cadere in disgrazia in quanto passato alla Juventus. Nel 2018, Cristiano Ronaldo avrebbe dovuto vincere quel premio, ma gli sponsor decisero Modrić, in quanto ai Mondiali del 2018, il messaggio era chiaro: non è stata la Croazia a giungere seconda, bensì Modrić medesimo. Vende più la maglia croata col suo numero, che non una del Sig. Nessuno, pur campione del mondo.

Il messaggio dell’esaltazione del calciatore-eroe-ultra-sponsorizzato è che si sostituisca a capi politici carismatici ormai inesistenti. Calciatori che lancino messaggi in maniera da attrarre masse che non producano sommovimenti sociali ed etici, ma solo danaro e peana allo stadio. Trasformazioni di fischi per incapacità tecnica in incitamenti all’odio, ecc.
L’annullamento dell’Uomo quale protagonista della Storia ad inviduo-ad-una-sola-dimensione quale antevisto già da Herbert Marcuse, parallelo all’annullamento delle Nazionali (in atto) e successivamente dei Club. Il calcio è il banco di prova non solo indolore ma pure piacevole in cui indurre l’essere umano ad homunculus paracelsiano.
Nel 1964 Marcuse, nelle ben note analisi socio-politiche, rilevava una pressocché totale omologazione delle opposizioni politico-parlamentari nelle società in cui dominava il bipolarismo (Stati Uniti, Gran Bretagna, Germania Federale, ecc.). I due maggiori partiti convergevano nelle scelte fondamentali. Negli Stati occidentali in cui erano presenti forti partiti filosovietici (Italia, Francia) questi svolgevano (e svolgono, con opportuno trucco facciale dopo aver cambiato padrone), un ruolo di omologazione interna e vanificazione della lotta di classe (finta opposizione in cambio di leve del potere e privilegi alla nomenklatura), condividendo il sistema capitalistico.

La meccanizzazione rendeva il lavoro standardizzato, vuoto, influiva con i suoi congegni ripetitivi sulle capacità creative dell’uomo, obbligandolo ad una reiterazione meccanica e istupidente. Le differenze fra operaio e impiegato tendevano a scomparire: prima l’impiegato era in qualche modo la negazione della macchina, mano mano si trasformava in suo dipendente. In questo modo scompariva anche il carattere rivoluzionario del proletariato, che integrato sempre di più nell’impresa e nella sua efficienza non era più l’antagonista classico del capitalista, oggi anche decisore di premi al bravo impiegato arricchito: il calciatore.
La fonte tangibile dello sfruttamento scompare così, dietro la facciata della razionalità obiettiva; il ‘velo tecnologico’ oscura ogni cosa, la logica dominante e la produzione asservisce tutti, li rende oggetti, strumenti di tale produzione: epifanie di una società che fa divorare ai propri figli le deiezioni che fabbrica. Per dirla con Franco Cardini: “Una dinamica che ha dell’assurdo in quanto fondata sul principio che non si produce più per consumare – come si faceva da millenni –, ma si è invece condannati a consumare per produrre”2.

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La coscienza umana obbedisce a tale imperativo perché non riesce più a cogliere le contraddizioni del sistema. La società tecnologica avanzata è un sistema di produzione in cui tutto viene talmente controllato che perfino il pluralismo, l’esistenza di partiti diversi non fa più paura, anzi, costituisce un moderno strumento di asservimento con la trasformazione dell’ideologia nella competizione fra lobby.
La classe operaia – che nell’ottica marxista-leninista rappresenta il soggetto rivoluzionario della trasformazione sociale – è stata saldamente integrata nel sistema grazie ad un’accurata opera di manipolazione e diffusione di mezzi di consumo e di comunicazione di massa. Tali strumenti costituiscono il sostegno del sistema tardo-capitalistico, nel quale la ‘tolleranza repressiva’ riesce ad impedire la formazione di un’opinione pubblica autonoma, ma facendolo in modo ‘non palese’ e garantendo condizioni di vita più agiate e più confortevoli.
Il primo fattore diffondente a ritmi veloci un messaggio è internet quale modo per veicolare l’unidimensionalità umana come hardware, mentre il software più potente che gira in esso è il calcio. Ricordate Orwell? “Tutti gli animali sono uguali, ma alcuni sono più uguali degli altri”.

Ci fu un primo tentativo di escludere metà delle federazioni europee dalla Coppa dei Campioni: durò tre stagioni: 1994-95, 1995-96 e 1996-97 con sole 23 squadre più la detentrice e l’esclusione ex officio di ben 28 federazioni su allora 51. State certi si arriverà al punto da far partecipare in essa solo i Club che abbiano nella rosa almeno un “premiato” scelto ai piani alti.

 

Note:

(1) Lionel Messi Claims Top Spot on Forbes’ 2019 List Of The World’s 100 Highest-Paid Athletes, Forbes, 11 giugno 2019.
(2) Franco Cardini, Introduzione a Oriente e Occidente. Il mito di una frattura di Georges Corm, Vallecchi, Firenze, 2003, p. 16.
Giovanni Armillotta

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