La Woodstock mancata dei penfriend
“Certo che la vostra è una generazione proprio jellata”, mi disse un “figlio dei fiori” qualche tempo fa. Dal momento che la frase era rimasta sospesa fra un sorriso di soddisfazione del medesimo e lo sguardo sbigottito della sottoscritta, ne ho dedotto il resto dal suono della risata: “… invece noi abbiamo raggiunto successi e vantaggi perché siamo i migliori”. Come sempre. “La meglio gioventù” che ha sperimentato il formidabile fenomeno unico-e-irripetibile dell’esperienza culturale di massa, l’entusiasmo degli anni della contestazione e la radicale trasformazione nella società italiana, ovvero: la meglio gioventù ha vinto in partenza. Sappiamo ormai per certo che Marco Tullio Giordana non dirigerà mai un film sulla generazione X, soprattutto da quando si è sparsa voce che l’equazione sia uguale a zero – tutto merito dell’ex ministro dell’Economia Tommaso Padoa Schioppa (1940-2010). Di conti se ne intendeva: “Mandiamo i bamboccioni fuori casa” sentenziò illustrando la nuova manovra finanziaria dell’ottobre 2008, durante il governo Prodi II. Fu l’indelebile autunno freddo della GX. Per un’approssimativa definizione dell’identità sociale generazionale (quella di perdenti) che ci caratterizza, saremo eternamente debitori dell’illustre economista, il quale – come parte (dal ’98 al 2006) del Comitato esecutivo della Banca Centrale Europea – ha fatto chiarezza anche sull’essenza più profonda dell’Euro, ossia “una moneta senza uno Stato”1. Era evidente come il binomio “fuori” e “senza” si sarebbe tradotto in termini pratici: una voce di bilancio in rosso.
Fra le varie perdite (economiche e non), la generazione X è stata attraversata anche dalla fine di un fenomeno sociale molto coinvolgente: la corrispondenza epistolare. Da metà degli anni Novanta, con l’avvento della posta elettronica, addio al fascino della penna e dell’attesa che si tramandava in pratica da almeno due secoli fra persone “comuni”.
Una delle forme più diffuse di scambio culturale cartaceo era offerta dal programma International Pen Friend Service (IPFS). Grazie agli “amici di penna” era possibile entrare in contatto con popolazioni diverse, conoscere tradizioni e usanze di nazionalità estere e stringere legami attorno al globo.
L’idea di avere un proprio corrispondente in una lontana località del mondo aveva incuriosito un po’ tutti. Bastava iscriversi compilando una scheda personale – l’antesignano dell’odierno profilo da social network – e attendere che si compisse un abbinamento computerizzato con lo/a sconosciuto/a coetaneo/a, chissà se estratto a sorte oppure risultato da qualche oscuro algoritmo. In teoria, il cervellone informatico avrebbe dovuto fare una combinazione di parametri (età, sesso e interessi condivisi) e restituire una sorta di alter ego globale da conoscere, entrambi utilizzando una lingua straniera (quasi sempre, l’inglese). Spesso le cose non andavano esattamente così. Il successo degli abbinamenti dipendeva innanzitutto dal caso. Molte volte l’esito era disastroso: scambi epistolari mai iniziati erano all’ordine del giorno – per una presunta incompatibilità o a causa di pregiudizi. Accadeva pure che dal cilindro magico saltasse fuori una esotica penfriend a Bangkok, e addirittura dalla Finlandia – nel qual caso ad essere considerata “esotica” era la corrispondente italiana. Si scoprì come il concetto di stravaganza fosse reversibile in relazione alla latitudine: in fondo, gli uni per gli altri sono tutti esotici.
Per anni, l’attesa del portalettere, la consegna della sospirata busta contenente scritti, le cartoline, i piccoli souvenir, gioie e dolori, speranze e delusioni scambiate con amici che si conoscevano soltanto per lettera alimentarono l’immaginario fantastico di migliaia di giovani, proiettandoli verso un futuro raduno collettivo che non c’è stato: dov’è la Woodstock internazionale del Terzo millennio? Perduta negli scampoli di byte che viaggiano in Rete.
Note:
1 Cfr.: TG1 Rai, Padoa-Schioppa, un economista prestato alla politica, 18 dicembre 2010.
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