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Come si trasformerebbero gli esseri umani vivendo su Marte?

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Autore: Dusan Martincek

Nella realtà, un altro prototipo targato SpaceX – lo Starship SN11 – è esploso poco prima di compiere l’atterraggio a Boca Chica (Texas), nel corso dell’ennesimo test fallito. Si tratta del futuro veicolo spaziale che, a detta di Elon Musk, dovrebbe trasportare un equipaggio umano su Marte nei prossimi anni. L’azienda aerospaziale statunitense ha reso noto che le cause dell’esplosione sarebbero riconducibili ad una perdita di elio dal serbatoio: secondo l’ingegnere della NASA Chris Bergin, la problematica tecnica è piuttosto ardua da risolvere. Alle evidenti complicazioni nella realizzazione di un razzo che avrebbe dovuto compiere migliaia di viaggi di andata e ritorno – per il trasporto dei materiali indispensabili alla costruzione di una struttura permanente – si aggiunge il serio impedimento delle radiazioni a cui sarebbe sottoposto un essere umano nel tragitto Terra-Marte, nonché sulla superficie del pianeta. Un limite che attualmente impedisce agli astronauti di compiere la traversata di 54,6 milioni di chilometri, ossia la distanza minima che ci separa dal quarto pianeta del Sistema Solare in ordine di distanza dal Sole. “Un giorno nello spazio equivale alla radiazione ricevuta sulla Terra per un anno intero”, ha osservato1 il fisico Marco Durante, evidenziando che l’esposizione a simili livelli di radiazioni danneggia il DNA umano. Lo prova il recente studio Twins2 condotto dall’Agenzia spaziale statunitense sul codice genetico di Scott Kelly, l’astronauta che ha trascorso quasi un intero anno a bordo della Stazione Spaziale Internazionale (ISS), messo a confronto col suo gemello, Mark Kelly – rimasto nel frattempo sulla Terra. Le alterazioni provocate dalla lunga permanenza nello spazio comportano ulteriori effetti a livello cellulare e organico. Come è emerso da una ricerca pubblicata sulla rivista ‘Circulation’ dell’American Heart Association, la massa del cuore del medesimo astronauta si è ridotta in media ogni settimana di circa 0,74 grammi.

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Cuore ristretto, ispessimento del nervo ottico ed effetti a lungo termine delle radiazioni cosmiche pressoché sconosciuti: conseguenze che fanno parte dei rischi a cui vanno incontro gli astronauti nelle condizioni di microgravità sulla ISS, ovvero in orbita intorno alla Terra. Per quanto riguarda invece l’ipotesi di missioni prolungate a più ampia distanza, sulla Luna o Marte, non vi sarebbe neppure il campo magnetico terrestre a proteggere gli astronauti. Cosa potrebbe accadere? 

L’immaginaria città marziana di Nüwa   

Ipotizziamo si possa realizzare una missione con equipaggio umano su Marte, superando gli ostacoli che includono la costruzione di un razzo gigante, la creazione di stazioni di rifornimento nell’orbita terrestre o sul suolo lunare – nonché il viaggio di andata di circa otto mesi. Come se tutto ciò non fosse piuttosto azzardato, proviamo ad immaginare che venga costruita pure la prima città autosufficiente sul Pianeta Rosso: Nüwa. Una metropoli che – stando ai rosei progetti di design industriale premiati da The Mars Society e firmati Abiboo Studio – entro il 2054 sarebbe in grado di ospitare oltre un milione di abitanti, sorgendo sulle pendici marziane di Tempe Mensa. Composta da macro-edifici scavati nella roccia – fingiamo che la NASA non abbia rinunciato a scavare nel suolo di Marte, dopo due anni di tentativi falliti3 del lander InSight, dato che la sonda non è riuscita a perforare in profondità – la fantascientifica città di Nüwa sarebbe perlopiù sotterranea, con costruzioni modulari verticali incastonate nella roccia, collegate fra loro da una fitta rete di gallerie. Tutto ciò, allo scopo di prevenire l’impatto di meteoriti ed offrire protezione dagli effetti nocivi delle radiazioni. La luce solare sarebbe soltanto indiretta, con la stragrande maggioranza delle attività quotidiane svolte nel sottosuolo del dirupo di Tempe Mensa. 

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Un dettaglio del progetto della capitale marziana Nüwa, di Abiboo Studio

L’Homo Sapiens si evolverebbe in una specie diversa?

Proseguiamo con la fantascienza e diamo spazio alle ipotesi degli esperti sui possibili cambiamenti che il corpo umano subirebbe dopo un lungo periodo di permanenza su Marte. Gravità ridotta, assenza di vita microbica e scarsa luce solare sarebbero le principali cause del processo di “mutazione” in una specie intrinsecamente diversa dall’Homo Sapiens. Secondo il biologo evoluzionista Scott Solomon, della Rice University di Houston, “in poche centinaia di generazioni, forse in appena 6000 anni, potrebbe emergere un nuovo tipo di essere umano4. In termini evolutivi, sei millenni non sono un arco temporale molto esteso, anche se non tutti gli scienziati concordano con tale stima. Per l’evoluzione in una specie inedita – che per definizione comporta l’incapacità riproduttiva con gli attuali esseri umani – sarebbe necessario un lasso temporale di gran lunga più ampio. Eppure, in base al parere dell’astronomo Chris Impey, l’aspetto dei futuri coloni potrebbe “cambiare abbastanza da sembrare fisicamente distinti” entro decine o circa un centinaio di generazioni. Dal canto suo, il dottor Solomon ha comunque precisato che si tratta di un ragionamento puramente speculativo, formulato sulla base di quanto oggi noto nel campo della biologia evolutiva. 

Differenze anatomiche, immunologiche – a causa della non presenza di germi, il sistema immunitario dei coloni si differenzierebbe, presentando una capacità ridotta di difendersi dalle infezioni – e fisiologiche, con un’ossatura pressoché simile agli ominidi estinti del genere Paranthropus, occhi e retina di maggiori dimensioni, una pigmentazione della pelle tendente all’arancione brillante per l’elevata concentrazione di carotenoidi ed infine, nelle supposizioni di Impey, i coloni marziani potrebbero essere “aggressivi nell’utilizzo dell’ingegneria genetica e nel modificare se stessi (rinforzando e sostituendo organi e parti del corpo) con l’innesto di dispositivi di riparazione e monitoraggio, intraprendendo un percorso cyborg”. 

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Sarà una coincidenza se Nüwa, il nome prescelto per la prima futura città marziana, appartiene alla divinità cinese che plasmò gli esseri umani dall’argilla del Fiume Giallo?

Note:
1 The radiation showstopper for Mars exploration, ESA, May 31, 2019. 
2 The NASA Twins Study: A multidimensional analysis of a year-long human spaceflight, Science, Apr. 12, 2019. 
3 NASA InSight’s ‘Mole’ Ends Its Journey on Mars, NASA, Jan. 14, 2021. 
4 David Freeman, Will Mars Colonists Evolve Into This New Kind of Human? NBCNews, Feb. 28, 2017.

Immagine in alto: Dusan Martincek.

Flora Liliana Menicocci
Autore: Dusan Martincek

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