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Mad Max, Fury Road: benvenuti nella disumanità del futuro prossimo

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“Siamo vicini alla fase di panico più assoluto”. Come sarà il nuovo mondo? Visione post-apocalittica immersa in uno scenario desertificato, dove un’umanità senza più regole si trascina, terrorizzando se stessa, fino a sprofondare nell’abisso dell’autodistruzione, fra schermaglie nucleari e suoli contaminati. Pochi superstiti “figli di guerra”, corpi malconci e occhiaie spettrali, schiavizzati dall’immancabile mostro di prepotenza, un uomo dall’aspetto orribile e deforme che esige di essere idolatrato come fosse immortale (Immortal Joe, interpretato da Hugh Keays-Byrne), poiché la superiorità della sua spietatezza lo innalza al di sopra di un mucchio di disperati. E così, nuovo mondo sulle macerie del vecchio – ove il medesimo Joe era stato un veterano delle guerre per il petrolio e per l’acqua –, una civiltà decaduta in cui tutti potevano avere il proprio show. Abitudini superate e fallimentari, dure a morire: la privatizzazione arbitraria delle risorse idriche, all’interno di una vasta area inaridita e polverosa; il proselitismo di un sedicente semidio che va predicando una delirante dottrina di liberazione della comunità dalla schiavitù – intesa come forma di dipendenza dall’acqua, il culmine di un’ideologia distorta.

Acqua talmente rara da essere dispensata ai sopravvissuti per una manciata di secondi, quando invece proprio quei miseri esseri ridotti quasi a cadaveri ambulanti, con sacrificio e sudore ne estraggono in abbondanza dalle viscere della terra. Donne, altra “risorsa” rara, ridotte ad animali da monta e uomini gracili e malati in soprannumero, utilizzati come carne da macello. È questa la società distopica della trasposizione cinematografica Mad Max: Fury Road di George Miller (2015) un futuro ipotetico in cui la lotta per la salvezza si svolge su interminabili strade, dritte e sterrate, lunghi nastri di terra che si diramano ovunque a perdita d’occhio, o fra speroni rocciosi e vallate prive di vegetazione. La spericolata fuga dell’ex poliziotto Max Rockatansky (“sacca di sangue”), interpretato da Tom Hardy e una donna senza una mano – Imperatrice Furiosa, interpretata da Charlize Theron – assieme alle concubine del tiranno ed allo schiavo Nux (Nicholas Hoult). A bordo di un gigantesco camion blindato, inseguiti da macchine da guerra probabilmente più sinistre del celebre tripode alieno de La Guerra dei mondi (Steven Spielberg, 2005). Perennemente sulla strada in condizioni estreme, in costante movimento, il film è un On the road distopico della futura generazione discendente da un’umanità dissennata che ha devastato l’intero pianeta, un parallelismo capovolto del mito della Beat Generation di Jack Kerouac.

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“Mentre il mondo crollava, ognuno di noi a modo suo era a pezzi”. Risorse idriche, sementi, carburante: i beni in nome dei quali nella dimensione post-apocalittica di George Miller (n. 1945) si sacrificano vite umane, laddove l’unico posto desiderabile è il Luogo Verde, una sorta di Eden che esisteva, in un tempo ormai remoto – e ora, soltanto nella memoria di anziane donne che lo ricordano. Andrà ricostruito, presso alcune formazioni di roccia punteggiate di verde, ultimo baluardo di speranza. Inevitabile la battaglia all’ultimo sangue contro lo strascico di una civiltà ormai sepolta, decaduta nello spirito, nella mente e nel corpo: Immortal Joe ed i suoi spietati seguaci.

Un’ottima riedizione del ciclo Mad Max, pietra miliare del distopismo. Ha preceduto e ispirato i due Conan (1982 e 1984) che di per sé rappresentano la fantastoria “pre-distopica”: raro che una serie sia stata tenuta assieme dello stesso regista per 36 anni. La trilogia iniziò nel 1979 con Interceptor e si interruppe con Mad Max – Oltre la sfera del tuono, nel 1985.

 

Flora Liliana Menicocci

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