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La corrente psichedelica nell’arte

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La psichedelia1 rappresentò il collegamento fra l’arte contemporanea, la cultura popolare e la protesta nel corso degli anni Sessanta e i primi dei Settanta. Essa costituì un interessante ma anche uno degli approdi maggiormente trascurati, e non solo in Italia, della storia dell’arte del sec. XX. Il dialogo tra l’arte psichedelica e i tentativi di cambiamento, giovanili e non, e la controcultura coeva, si manifestò in un’armonia straordinaria che dette espressione alla liberazione politica, decolonizzante, sessuale e sociale. Lo sforzo di ottenere un’arte estatica, stimolò il prolungamento della sensibilità e un intenzionale sfogo dei sensi, dovuto in gran parte con l’ausilio di agenti allucinogeni. Quando ci si serve ancora degli elementi stilistici e formali d’arte, design e musica della decade 60-70, è importante andare oltre un semplice revival nostalgico e tentare di cogliere l’originale potenziale creativo e visionario del periodo. Molte riflessioni devono ancora essere fatte per comprendere ed apprezzare non solo la vera natura rivoluzionaria di quel movimento artistico, ma pure il modo in cui continua a dar forma oggi a ciò che pensiamo e a come agiamo. Ci sono stati pochi movimenti nel sec. XX in cui la creazione artistica e la cultura quotidiana s’intrecciavano in una tale affascinante simbiosi. Un’arte che così deliberatamente eluse allora i contesti istituzionali e convenzionali può, ad una certa distanza di tempo, ritornare al presente secondo nuove interpretazioni applicate dopo un decorso quasi emisecolare.

La corrente psichedelica fu tradizionalmente relegata al regno dell’arte applicata e del cattivo gusto, ed oscurata dall’arte storicamente e istituzionalmente sanzionata dell’epoca, il cui centro era occupato dal pop e dalle arti minimale e concettuale. Lo stile psichedelico era il risultato di un’interazione produttiva tra arte, tecnologia, cultura della droga, musica, e molte altre influenze che sprigionarono un’estetica straordinaria profondamente intrisa di spirito emancipativo di liberazione. Più importante fu l’ampliamento della gamma di forme, colori e supporti innescati da approcci di ‘espansione della coscienza’ e collegati con una nuova percezione dello spazio. Un altro risultato fondamentale del movimento divenne la fusione di differentissime tecniche che culminarono in una nuova forma ibrida variamente etichettata come arte ‘intermedia’, ‘multimediale’ o ‘a materiali misti’ (mixed media).

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Fu tale fusione a rendere possibili quelle scene multisensoriali, grazie alle quali gli anni Sessanta divennero celebri. Inoltre, gli artisti visivi cominciarono a sperimentare con giochi di luce o avventurarsi in musica, cinema, moda, design, architettura e stabilire una stretta affinità con le ancora effimere manifestazioni, estremamente irresistibili, della cultura di massa e commerciale in rapido movimento.

La psichedelia e le proprie idee lasciarono il segno non solo nella quotidianità, ma ebbero anche un impatto sui principali artisti e movimenti d’avanguardia del periodo. Nel 1966, ai lati opposti dell’Atlantico, gli artisti aprirono la strada all’uso di proiezioni cinematografiche e di diapositive ai concerti dal vivo, Andy Warhol (1928-87) alla discoteca nuovaiorchese Dom e Mark Boyle (1934-2005) e la compagna Joan Hills (n. 1931) al leggendario UFO Club di Londra: i due furono i primi ad usare le famose luci appunto psichedeliche.

E l’emergere della performance2 come forma d’arte coincideva con gli eventi-opera-d’arte della psichedelia in cui il corpo umano era utilizzato come strumento percettivo integrale ed estensivo, stimolato per raggiungere uno stato di estatica esasperazione o apatica contemplazione interiore.

Yayoi Kusama, Zucche, Biennale di Venezia, 1993 - imperfect.it
Yayoi Kusama, Zucche, Biennale di Venezia, 1993

Alcuni artisti visivi psichedelici: Isaac Abrams (n. 1939), Richard Avedon (1923-2004), Lynda Benglis (n. 1941), Bernard Cohen (n. 1933), Richard Hamilton (1922-2011), Robert Indiana (n. 1928), Yayoi Kusama (donna, n. 1929), Richard Lindner (1901-78), John McCracken (1934-2011), Gustav Metzger (n. 1926) e Mati Klarwein (1932-2002), che usò i suoi disegni pure per gli album dei Santana.

Nell’architettura si segnalarono il gruppo inglese Archigram, l’austriaco Haus-Rucker-Co, Hans Hollein (n 1934), e altri che trasmisero un’impressione di ciò che l’architettura visionaria fosse alla ricerca. I mobili e gli arredamenti di Verner ‘Vernon’ Panton (1926-98) dispiegavano visioni utopistiche di vita libera e rilassata.

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Da un punto di vista letterario ricordiamo il guru dell’Lsd Allen Ginsberg (1926-97), Timothy Leary (1920-96) e Ken Kesey (1935-2001), che si dedicò alla diffusione delle droghe psichedeliche attraverso i suoi Merry Pranksters (allegri burloni). Il mezzo cinematografico venne esaltato dalle proiezioni su larga scala di Lawrence Jordan (n. 1934), Stan Vanderbeek (1927-84), James Whitney (1921-82), Jud Yalkut (1938-2013), e Nam June Paik (1932-2006). Sul versante musicale i Pink Floyd bastino per tutti.

Note:
1 Psichedelico: che provoca dilatazione della coscienza, disinibizioni comportamentali, allucinazoni: dal greco psychḗ (anima) e dēlôun (mostrare). Dizionario di Italiano, Garzanti-La Biblioteca di Repubblica, Gruppo Editorile l’Espresso, Roma 2004, IV volume.
2 Da intendere terminologicamente quale summa d’interpretazione, esecuzione ed esibizione nell’ambito di una rappresentazione artistica, grafica, scritta o d’uno spettacolo.
Andrej Ždanov
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