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Generazione X

Sapere aude

Mitopoiesi terzomondista della Coppa Italia

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Ci sono squadre che non hanno vinto alcunché, ma proprio niente. Al contrario, hanno accumulato illusioni, amarezze e orgoglio ferito, laddove altri mietevano trionfi, onori e lustrini, spesso immeritati. La Coppa Italia è stata, ed è, per queste compagini l’unico traguardo a cui tendere il proprio debito nei confronti di sostenitori e tifosi. Sin dalla riforma di fine anni Settanta, è stata allargata la partecipazione, prediligendo l’eliminazione diretta negli ultimi turni, in luogo della fossilizzazione dei gironi (67-8/77-8), e riportando squadre di C a partire dalla stagione 82-31. Tacendo sull’exploit del Napoli, sola società di B a vincere la Coppa Italia (61-2), prenderemo in esame le cinque finali perse da club cadetti. Quando l’impeto guerrigliero degli emarginati della sfera cozzò con gli eserciti regolari delle coeve ‘grandi potenze’, che fino all’ultimo si imposero per strappar loro il ‘non sentito’ trofeo.

L’epopea prometeica del Palermo

Roma, 23 maggio 1974. “Finale beffa. Sì è sconfitto tre volte da solo, dopo aver avuto la possibilità di vincere 3-0. Palermo, Coppa regalata”, intitolava a titoli cubitali la prima pagina del “Corriere dello Sport”. Fu raggiunto al 90’ – dopo aver mancato il raddoppio in quattro occasioni – da un rigore frega-arbitro battuto da Savoldi I, per un inesistente fallo su Bulgarelli2, mentre i 20mila tifosi siciliani si preparavano ad invadere pacificamente il terreno dell’Olimpico. Non riuscì nemmeno ad approfittare della superiorità numerica durata 42 minuti (espulsione di Roberto Vieri al 78’).

Conclusi in parità i t.s., ritornò in vantaggio nella serie dei rigori per un errore di Cresci, ma due palermitani sbagliarono (il ventenne Vullo fuori, l’esperto Favalli traversa), mentre Novellini e Pecci andarono a segno: 4-5. In breve, la cronaca della più incredibile finale di Coppa Italia di tutti i tempi.
Pensate che il Palermo nel gruppo di semifinale aveva eliminato i campioni d’Italia e vicecampioni d’Europa della Juventus (2-0 e 1-1 trasf.), oltre a Cesena (1-1 trasf. e 2-0) e Lazio (0-1 trasf. e 2-0; i romani avrebbero vinto lo scudetto quella stessa stagione!). Precedentemente (3° gruppo eliminatorio) si era imposto su Fiorentina (A, 2-0), Bari (B, 1-1 trasf.), Perugia (B, 1-0) e Verona (0-0 trasf.), risultando con una sola sconfitta prima della finale; mentre il Bologna, aveva perso con Napoli (1-2 trasf., 6° gruppo eliminatorio) e Inter (1-2 trasf., gruppo di semifinale). Al ritorno a casa, il presidente Renzo Barbera conferì ai ragazzi di Corrado Viciani il premio partita destinato in caso di vittoria.
Napoli, 20 giugno 1979. Ancora il Palermo, ma contro la Juventus. All’80’ esce Bettega infortunato; i siciliani di Fernando Veneranda sono in vantaggio per 1-0 (Chimenti II al 1’) e godono ancora di un’insperata superiorità numerica3, i giochi sembrano finalmente fatti, ma Brio tre minuti dopo pareggia su clamoroso errore di due difensori. Tempi supplementari. Causio seppellisce i rosanero al 117’ con una meraviglia delle sue. Questa volta il Palermo di Serie B era giunto imbattuto in finale, mentre la Juventus, aveva perso con l’Inter per 0-1 a Milano nei quarti.
Una maledizione che infierì sul Palermo, ma che è una costante per tutti i peón che cercano di alzare la testa.

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Le illusioni di Catanzaro (sud), Padova (nord) e Ancona (centro)

Roma, 19 maggio 1966: Fiorentina-Catanzaro 2-1. “Fu un fallo d’istinto, forse provocato dalla stanchezza che annebbia i riflessi: nel ‘sentirsi’ superato dal pallone, Sardei4 alzò un braccio e colpì con una mano. Un rigore ineccepibile per un fallo inutile. Ancor prima che Sbardella – eccellente – fischiasse, puntando il dito verso il dischetto, Sardei s’era già coperto il volto, disperato5. Il sogno che Mario Bertini sbagliasse svanì a mo’ di beffa: al 4’ del 2° t.s. il pallone schizzò contro la faccia interna del palo proseguì sulla linea di porta verso il legno opposto e finì dentro. Hamrin, lo svedese viola, poco prima aveva colto un palo: gol sbagliato, gol subito? Nient’affatto: ai disgraziati sono negate anche le più comuni regole empiriche del calcio.
Vorrei sapere a che cosa è servito giocare, sperare, piangere, spendere tutti i turni passati, se il Catanzaro di Dino Ballacci ha dovuto perdere in quel modo. I giallorossi in semifinale avevano eliminato la Juventus a Torino (1-2): i bianconeri avrebbero vinto il titolo 1966-67.
Rigori giusti, altri dubbî e ulteriori non visti, tempi supplementari, zone Cesarini, quasi reti, autogol stronca-morale: e tutto a senso mirato.
Roma, 14 giugno 1967: Milan-Padova 1-0. In semifinale i veneti dell’argentino Humberto Rosa avevano buttato fuori i campioni d’Italia e vicecampioni d’Europa dell’Inter. La finale: sullo 0-0, al 9’ del primo tempo “Bigon era entrato in area di rigore, e si era ritrovato lungo e disteso a terra mentre cercava di filtrare attraverso tre difensori rossoneri. Si capì che i padovani invocavano il rigore, ma lo fecero con esemplare correttezza, accettando senza plateali proteste il diniego dell’arbitro6. Al 4’ della ripresa marcò Amarildo, “da quel momento il protagonista diventa il Padova7, a coronamento di una prima frazione che vide all’11’ un palo dei milanisti nell’unico tiro in porta, e un’occasione clamorosa per i veneti sventata in extremis dal portiere Belli su tiro di Carminati. Mentre il solo effetto 1-0 aveva indotto i giocatori del Milan addirittura ad abbracciarsi “come fossero ragazzini alla loro prima vittoria” era “persino patetico l’entusiasmo con cui una squadra onusta di tante glorie passate saluta un’affermazione8 che suggellava la stagione del Milan.
Ancona-Sampdoria 0-0 1-6 (6, 20 aprile 1994). Non lasciatevi trarre in inganno dalla differenza-reti. “Davide mette in affanno Golia, l’Ancona di serie B mette alla frusta la Samp atomica e grazie allo 0-0 della finale d’andata rende comunque credibile la seconda finale9. “La Samp, invece, vive solo sugli spunti del solito Gullit e sulle parate di Pagliuca. Se vincerà la Coppa, visto il film di tutta la competizione, lo dovrà soprattutto a questi due campioni10. Ma non unicamente a loro. Com’è noto le autoreti sono virus che annullano le difese immunitarie dei poveracci, e i rigori sono autentici tagliagambe. L’Ancona di Vincenzo Guerini, dopo un primo tempo à la Stalingrado, cadde al 50’ per un autogol, ed in più sul finale subì due rigori (80’ e 85’). Che valse la rete di Lupo (72’), quando i ricchi calpestano i diseredati?
Dalla stagione 84-5 alla 93-4, la Sampdoria di Bersellini, Boskov ed Eriksson disputò sei finali su dieci, vincendone quattro (84-5, 87-8, 88-9, 93-4); nel frattempo conquistò una Coppa Coppe (89-90), dopo quella persa dell’88-9, e giunse in finale nella Coppa Campioni 91-2.
Dov’è la Coppa Italia ‘non sentita’? Nei cervellini di qualcuno?

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US Foggia e Varese, novæ dei gironi finali

L’US Foggia, oggi in III categoria11, nel girone finale 68-9 contese alla Roma il titolo. Alla vigilia dell’ultima partita: Roma 7, Cagliari 6, US Foggia 5, Torino 4. Gli uomini di Tommaso Maestrelli erano giunti al prestigioso traguardo del girone finale, eliminando nel 4° gruppo di qualificazione Fiorentina (0-0 trasf.), Pisa (3-0) e Bari (B, 3-1), per poi far fuori in semifinale il Napoli (2-1 e 2-0 trasf.). Sia pure in casa, battere Roma del mago Helenio Herrera il 29 giugno per mirare allo spareggio12, era impresa più impossibile che disperata: i giallorossi s’imposero per 3-1. I satanelli, tuttavia, giunsero terzi. Il Varese di Niels Liedholm, quattro giorni prima di vincere la Serie B chiuse al quarto posto il girone finale 69-70. Nel 3° gruppo di qualificazione aveva eliminato: Milan, campione del mondo (1-1 trasf.), Como (B, 2-0), Verona (2-1 trasf.), e nelle semifinali la Fiorentina (0-0 0-0) dopo lo spareggio a Verona (1-0). La Coppa fu finta dal Bologna.

La memoria e il nulla

Ogni squadra, di A, B e C, si è espressa con fierezza ed agonismo massimi; ma, nonostante tutto, le banalità trovano spazi larghi ed incomprensibili. La leggenda è il parto della storia sine folio, ma le sciocchezze sono la negazione della memoria. Per la Coppa Italia si sono versate le lacrime dell’eliminazione diretta, e si è gioito come per un campionato o una targa straniera.

Brocchi vecchi e giovani, calciatori buoni e mediocri, palloni d’oro e campioni del mondo, promesse mai mantenute o col futuro dietro le spalle, delusioni, mercenari, hurricane, legionari dall’ultima Thule, mediatori al ribasso, mostri, eroi di un giorno in cerca di gloria negata, mai camminarono così assieme…
L’Avventuriero combatte sempre contro i mulini a vento. Il suo vero fine, la sua profonda Verità, la sua ultima vocazione è il Nulla. È lì che finiscono i guerrieri omerici, i cavalieri arturiani, i samurai, i ‘proscritti’ di von Salomon. Il cavallo di Don Chisciotte non porta da nessuna parte13.

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Migliori piazzamenti di società retrocedende dalla Serie A (R) e di Serie B

Tabella
(*): Il turno precedente al gruppo finale delle edizioni dal 67-8 al 70-1, va reputato semifinale, in quanto le squadre che lo superavano avevano la possibilità potenziale, nell’anzidetto gruppo, di vincere la manifestazione. Dall’edizione 71-2 alla 77-8, v’erano due gruppi di semifinale, i cui capilista si disputavano la coppa in partita unica.
Note:
1 Mancavano dalla stagione 1958-59. Miglior piazzamento di una squadra di C: Monza, quarti di finale 1938-39.
2 Parla Giacomo Bulgarelli: “Ci ho provato e l’arbitro fu ingannato dal mio tuffo. Il calcio è anche questo […] Non dimenticherò mai il momento in cui andammo a ritirare la Coppa, con i tifosi rosanero che ci gridavano ladri… ma noi non avevamo colpa. In quella partita i siciliani dimostrarono di essere i più forti. Soltanto in seguito ho compreso quale dramma sportivo si consumò a danno del Palermo” (Roberto Ginex, Roberto Gueli, Breve storia del grande Palermo, Newton & Compton, Roma, 1996, p. 35.
3 I bianconeri restarono in dieci: Trapattoni aveva già sostituito al 49’ Francesco Morini con Brio, e Virdis con Boninsegna.
4 Luigi Sardei (n. 1937), degno di essere cantato da Bob Dylan, meriterebbe incontrare qualche collega che si faccia raccontare la sua vita di calciatore.
5 “Corriere della Sera”, 20.5.1966.
6 Ivi, 15.6.1967.
7 Ivi.
8 Ivi.
9 Ivi, 7.4.1994.
10 ”la Repubblica”, 7.4.1994.
11 L’US Foggia (f. 5 luglio 1920) non è da confondersi col Foggia Calcio (Lega Pro Seconda Divisione), f. 4 agosto 2012.
12 Si teneva conto solo della classifica finale.
13 Franco Cardini, Scheletri nell’armadio, Akropolis/La Rocca di Erec, Firenze, 1995, p. 321.
Giovanni Armillotta

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