Interstellar: un’epica spedizione cosmica
Dopo il geniale e folle Inception (2010), il regista britannico Christopher Nolan torna a impressionare gli appassionati del genere sci-fi con un film da non perdere. È Interstellar (2014), straordinario viaggio ai confini della comprensione scientifica, fra galassie, dimensioni spazio-temporali e sistemi solari: il soggetto si basa su un trattato del fisico teorico Kip Stephen Thorne – esperto di relatività e docente del Caltech di Pasadena, Thorne sostiene l’esistenza di cunicoli spazio-temporali (wormhole) la cui apertura avviene in presenza di materia esotica antigravitazionale. Una teoria suggestiva che contempla inoltre la possibilità di utilizzare i tunnel come portali per viaggiare nel tempo. Inizialmente, la pellicola – in pre-produzione fin dal 2006 – era stata affidata alla regia di Stephen Spielberg che, invece, ha lasciato il progetto in sospeso per anni. Soltanto nel 2013 Warner Bros. e Paramount Pictures incaricano il maggiore dei fratelli Nolan – nel mentre, Jonathan si stava già occupando della sceneggiatura – di prendere il posto di Spielberg, oltreché quale co-produttore assieme alla moglie Emma Thomas e Lynda Obst. Per Interstellar si è trattato della svolta: il film ha potuto finalmente vedere la luce.
Ambientato in un futuro prossimo in cui la sopravvivenza del genere umano sulla Terra è destinata alla fine – a causa di una incessante tempesta di sabbia: la “piaga” soffoca le coltivazioni di cereali, il cibo scarseggia e la popolazione è decimata – e in cui l’esplorazione di nuovi mondi resta l’unica possibilità per l’evoluzione della specie. Le sequenze del viaggio spaziale scorrono fluide nel vuoto siderale, accompagnate dalle vibranti musiche composte da Hans Zimmer: sonorità elettroniche e arrangiamento orchestrale, sintetizzatore e accordi tradizionali d’organo a canne. Inoltre, un’insolita sperimentazione corale: “Più ci si allontana dalla Terra nel film, più il suono è generato da esseri umani – ma è un’alienazione dei suoni umani. Come i videomessaggi nel film, un po’ più corrosi, un po’ più astratti”, ha dichiarato Zimmer1. La colonna sonora, Interstellar: Original Motion Picture Soundtrack, ha riscosso grande successo e meritato varie nomination (Oscar 2015, British Academy Film Awards, Satellite Awards e nel 2014 Critics’ Choice Movie Award e Hollywood Music In Media Awards).
In una sola notte, il compositore ha creato la traccia che esprime il cuore della storia: col pianoforte e l’antico organo a canne di una chiesa londinese è nato un pezzo – S.T.A.Y.2– sul significato emozionale dell’essere padre. Non a caso, il racconto si dirama dal rapporto di Cooper (Matthew McConaughey), ex pilota della Nasa, con sua figlia Murphy – e ruota, pur nella distanza recondita del tempo e delle galassie, attorno al loro complicato legame. Stessa cosa, sebbene con esito e implicazioni differenti, può dirsi per il professor Brand (Michael Caine) e la figlia Amelia (Anne Hathaway), una biologa che farà parte – assieme a Cooper, agli scienziati Romilly, Doyle ed ai robot TARS e CASE – dell’equipaggio pionieristico dell’astronave Endurance. Del resto, è nodale la questione del futuro di intere generazioni che dà origine all’esperienza estrema nel tunnel spazio-temporale, con tutta la drammaticità che ne consegue: il distacco dagli affetti familiari, il pericolo costante e l’imponderabilità del caso, oltre al peso insostenibile di un ipotetico fallimento e le grevi responsabilità di assumere decisioni per l’intera razza umana. Tutto ciò potendo contare sulla sincerità – graduabile – di un solo amico: il robot.
Il film ha vinto il Premio Oscar 2015 per i migliori effetti speciali. La discesa nel wormhole è descritta da fotogrammi di avvolgente intensità.
“Non andartene docile in quella buona notte,
I vecchi dovrebbero bruciare e delirare al serrarsi del giorno;
Infuria, infuria contro il morire della luce”.
(Dylan Thomas, 1951)