Torneo Anglo-Italiano. Italiani furbi, inglesi presuntuosi
Com’è noto l’Italia è il Paese dei furbi, mentre l’Inghilterra di quelli con la puzza al naso. Quando si mettono d’accordo tipi così, viene fuori qualcosa fra l’incredibile e un film alla Walter Matthau e Jack Lemmon, tipo Prima pagina. Oggi vi racconterò una storia che non ha pari – almeno credo – nel calcio mondiale, in cui uno cerca di buggerare l’altro, e assieme vanno al bar ridendo e scherzando.
La sospensione del Torneo Anglo-Italiano, datata 1974, ebbe come pretesto formale la concomitante disputa dei Mondiali. In effetti le cose non stavano affatto così. Tiro fuori ultraquarantennali ritagli di giornale dall’archivio, e traggo parte di un articolo scritto prima di semifinale e finale del 1973:
Nel corso dei quattro turni di gare per le qualificazioni alle semifinali, sono state disputate complessivamente trentadue partite, sedici in Italia e altrettante in Inghilterra, con un totale complessivo di 257.516 spettatori paganti, di cui 123.498 in Italia e 134.018 in Inghilterra, con una media cioè di circa 8.500 spettatori per partita. C’è quindi un certo calo rispetto all’affluenza nelle precedenti edizioni del torneo, che avevano visto, in venticinque partite [a torneo, nda] (tra eliminatorie e finale), un totale di 278.000 spettatori per il 1970, 395.000 per il 1971 e 280 mila per il 19721.
E ci credo. Squadre italiane di fama, strabattute da mediocri compagini della A inglese, ma specialmente della loro B. Chi glielo faceva ai tifosi italiani di affollare gli stadi ed amareggiarsi? E agli inglesi? Vedere vincere le loro società con vari 10-0, 6-0, 5-1, 4-0, 4-1 ecc., era come giocare in undici contro una sola parvenza di difesa. Ancora puntuale il quotidiano sportivo meneghino: “Dopo la Coppa del Mondo 1974 la possibilità di organizzare la manifestazione con una nuova formula verrà presa in considerazione, pur tenendo presente che le società italiane non sono molto favorevoli”2. Sfido io: troppe le batoste. Del resto il fatto che nemmeno nel 1975 il TAI si sia giocato la dice lunga su un esperimento fallito.
Però i contatti continuarono e si dette vita al Torneo Anglo-Italiano Semiprofessionisti. A leggere quel ’semiprofessionisti’ l’ingenuo ed entusiasta tifoso del tempo, pensò che 1) trattavasi di veri semiprofessionisti d’Oltremanica e 2) che la qualità delle partecipanti italiane e inglesi fosse la medesima, ossia di Serie C.
Falso! Spudoratamente menzognero.
1) Innanzitutto non tutti i club inglesi erano semiprofessionisti, bensì in stragrande parte dilettanti. 2) Le nostre società erano di C, ossia del 3° livello del calcio italiano (dopo la A e la B), mentre le inglesi, altro che di C! [Scusate i troppi punti esclamativi nell’articolo, ma ci vogliono.] Esse rappresentavano North Premier League, Isthmian League e Southern League.
Nel 1976 tali leghe erano il 5° livello del calcio inglese (ossia omologo alla nostra Promozione d’allora che veniva dopo la Serie D). Non è finita qui: quando nel 1979 fu creata l’Alliance Premier League (dal 1986 Football Conference) – in contemporanea alla fondazione della nostra C2 – quelle leghe rappresentarono il 6° livello3. E badate bene, da quelle tre leghe inglesi non si poteva essere promossi in IV Divisione Nazionale, se non con l’elezione per merito a giudizio di tutte le società delle quattro divisioni massime (The Football League). Una specie di campo di concentramento calcistico. Solo nel 1987 le squadre non della Football League, ebbero il diritto di promozione automatica. Per cui quando un’italiana si incontrava, specie dopo il 1979, con un’inglese, per fare un paragone al volo è come se in un venturo torneo internazionale la Juventus giocasse in finale con il Bellaria-Igea Marina.
Orbene si desume che degli undici TAI ‘semiprofessionisti’ di tal fatta, dieci siano stati vinti da noi. Voi lettori, vi chiederete: “Come mai gli inglesi accettarono un simile pactum sceleris a loro danno?”. La risposta è facilissima. La proverbiale presunzione dei vertici FA, li ha indotti a pensare: “Abbiamo stracciato le grandi italiane di A dal 1969 al 1973 con squadrette di I e II Divisione, non vuoi superiamo quelle di C con i dilettanti?”. Ragionamento suicida, ma coerente col Rule Britannia. Guardiamo le statistiche. L’Italia, dal 1976 al 1986, schierò 40 iscritte (36 di C/C1 [di cui 5 promosse in B4] e 4 di C2 [di cui una promossa in C15]); l’Inghilterra altrettante, comprese tre gallesi (6 di NPL, 10 di IL e 24 di SL). Nonostante tutto i semidilettanti inglesi s’imposero in 45 dei 132 scontri diretti, l’Italia solo 61 vittorie con 26 pareggi. Addirittura nell’edizione 1978 – vinta dall’Udinese – vi furono 11 vittorie inglesi contro 10.
Un plauso particolare al Sutton United (f. 1898), che vinse nel 1979, sconfiggendo 2-1 in Abruzzo il Chieti (C1), dopo aver perso (in casa!) contro gli stessi in un incontro preliminare (0-1). Sette tifosi inglesi e oltre 8mila italiani. I poveri inglesi – e non c’è ironia in tal aggettivo – giunsero nella bella città abruzzese con le maglie fornite loro dalla propria federazione nonché il viaggio pagato. L’assicuratore Tony Rains, a distanza di 33 anni, ancora stupito per la vittoria, afferma: “Era praticamente una cosa di routine. Arrivavi là, ti divertivi e prendevi la tua medaglia di secondo classificato. Gli italiani erano professionisti e i club non della Football League mai avevano vinto la competizione. Comunque dopo la conquista della Coppa abbiamo cenato con un banchetto di otto portate”6. Welly Waite, uno dei sette, versò una bottiglia di scotch nella coppa e il capitano John Rains, pensando fosse spumante se la bevve d’un fiato, trasformando la propria faccia in un sincretico mosaico normanno7. L’allenatore Barrie Williams, restò a casa per un impegno scolastico, e fu sostituito da Keith Blunt. Gli altri vincitori sono in nota8. Il Sutton United raggiungerà ancora le finali, l’anno dopo e nel 1982, perdendole entrambe.
Un’altra squadra britannica degnissima di ammirazione fu lo Hungerford Town (f. 1886), quando vinse il Modena nel 1981. Tale club era nella terza serie dell’IL, corrispondente al nostro 8° livello, ossia alla II Categoria. Ebbene, lo Hungerford Town si tolse la soddisfazione di battere in casa, il 21 aprile, la Civitanovese, la quale 71 giorni dopo fu promossa in C1. Per analogia al raffronto precedente, è come se in una competizione ufficiale la Roma sia oggi superata dalla Narnese. Parla Stefano Turcato sulla “Gazzetta di Modena” del 21 maggio 1981 di “questi inglesi poco più che dilettanti”.
Per finire un ricordo di Adelio Filacchione, n. 4 del Lecco, vincitore nel 1977: “Noi ci credevamo ma la realtà è stata un po’ diversa da quella che ci aspettavamo in Inghilterra: c’era gente che beveva, che arrivava allo stadio mezz’ora prima di giocare… Siamo rimasti un po’ disorientati. Ma il calore che le famiglie davano a questi giocatori era sorprendente. Al ritorno, qua, ho visto entrare i loro giocatori con due cassette: erano birre per il dopo-partita. Noi eravamo concentrati, per noi era importantissimo. Io poi non avevo mai vinto niente… In finale, invece, quando abbiamo vinto, qualcuno di loro voleva scambiare la propria medaglia d’argento con la nostra, che era d’oro!”9. Nella stessa competizione i blu-celesti con un perentorio 8-0 al Northwich Victoria, e il Bari, infliggendo un 6-1 al Chelmsford City, vendicarono le figuracce dei primi anni Settanta con gl’inglesi che, dalla nostra Federazione, erano fatti passare per ‘semiprofessionisti’.
Da 12 squadre si scemò a 8 e poi a 4 per un quinquennio. Il 1986 segnò l’ultima edizione della Seconda Èra.
Ci rileggeremo ancora in argomento.
Gli undici tornei della Seconda Èra
Un particolare ringraziamento a Marco Bagozzi (Trieste), Umberto Braccili (Roseto degli Abruzzi [Te]), Licio Esposito (Varese), Benedetta Galassini (Biblioteca Rotonda di Modena), Emmanuele Michela (Lecco), Giuseppe Montagna (Paolo del Colle [Ba]), Anna Rosa Po (Biblioteca Estense di Modena), Luigi Ponziani (Direttore della Biblioteca Provinciale ‘M. Dèlfico’ di Teramo), Archivio Triestina Mia, senza il cui apporto la ricerca di date, risultati e formazioni non poteva dirsi completa
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